La Fondazione Camillo Golgi dalla sua
istituzione si propone di favorire lo
sviluppo della ricerca scientifica in
favore della maternità e dell’infanzia.
Per tale obiettivo si propone di
promuovere lo studio e l’applicazione
delle più moderne tecnologie biomediche,
al fine di prevenire, diagnosticare e
curare le malattie congenite in
gravidanza e nell’infanzia.
Dal suo nascere la Fondazione ha:
- promosso conferenze scientifiche ad
altissimo livello chiamando a Brescia i
personaggi più qualificati per i vari
argomenti trattati,
- indetto conferenze aperte alla città
riscontrando notevole adesione ed
interesse;
- dotato l’Ospedale Civile di importanti
attrezzature all’avanguardia per la
diagnosi e la cura di svariate
patologie;
- partecipato alla costituzione di tre
Centri di Ricerca;
- assegnato borse di studio per il
perfezionamento all’estero di giovani
ricercatori che hanno riportato
all’interno dell’Ospedale Civile di
Brescia le loro specifiche esperienze;
- contribuito alla realizzazione della
pubblicazione del volume “Linee guida di
Neurologia”.
Le due principali linee di ricerca
perseguite negli anni scorsi
riguardavano:
- il trapianto in utero per le terapie
delle malattie genetiche diagnosticate
prima della nascita;
- la terapia genica dei tumori solidi
ginecologici.
I positivi risultati ottenuti hanno
spinto l’èquipe di ricerca della
Fondazione, composta da ricercatori e
clinici delle Cliniche Pediatrica e
Ginecologica ed Ostetrica, a perseguire
per il triennio 2000-2002 altri
obiettivi di ricerca ed in particolare:
- realizzazione del trapianto in utero
utilizzando cellule staminali
compatibili, per la cura delle malattie
genetiche diagnosticate prima della
nascita;
- prevenzione e terapia del cervico
carcinoma mediante allestimento di
vaccini HPV e ricerca per
l’immunoterapia specifica dei tumori
epiteliali dell’ovaio.
TRAPIANTO IN UTERO PER LA CURA DI
MALATTIE GENETICHE
Nel 1996, per la prima volta al mondo,
sono state trapiantate ad un feto malato
cellule prelevate dal midollo osseo del
padre.
Questo intervento ha consentito la
nascita di un bambino sano,
completamente guarito da una malattia
genetica.
Tale importante primato spetta a Brescia
e in particolar modo all’èquipe di
ricercatori della Clinica Pediatrica e
della Clinica Ostetrica e Ginecologica.
Da allora altri trapianti sono stati
eseguiti nel mondo e nella nostra città,
utilizzando cellule prelevate dai
genitori e i successi sono stati
ottenuti applicando questo particolare
tipo di terapia a feti con deficit
dell’immunità.
I risultati conseguiti hanno spinto le
èquipe operanti presso il nostro
Ospedale, a sviluppare ulteriormente la
tecnologia del trapianto in utero per
estenderle ad altre malattie genetiche,
ematologiche e metaboliche. Per far ciò
si è pensato di utilizzare cellule
“staminali” compatibili, dotate di alta
capacità di attecchimento, che si
rinvengono in gran numero, al momento
della nascita, nel cordone ombelicale.
Recentemente si è costituita a livello
internazionale, una banca di cellule
“staminali” e ciò consente e facilita il
reperimento di cellule compatibili.
L’obiettivo è quello di poter effettuare
trapianti precoci in feti di età
compresa tra le 11 e le 15 settimane di
vita nel tentativo di curare malattie
ematologiche e metaboliche, in
particolare la Sindrome di Wiskott -
Aldrich, l’Osteogenesi Imperfecta e la
Thalassemia, detta anche anemia
mediterranea, malattia molto diffusa nel
nostro Paese.
Per comprendere quanto importante possa
essere il successo di questa ricerca, è
opportuno ricordare che con la diagnosi
prenatale si identificano ogni anno in
Italia alcune centinaia di feti
talassemici; di regola si assiste
all’interruzione della gravidanza per
evitare la nascita di bambini, che,
esposti alle gravi conseguenze delle
continue trasfusioni necessarie, non
sopravvivono oltre il 3°-4° decennio di
vita.
Ancor più drammatico è il destino
riservato ai bambini colpiti da
Ostogenesi Imperfecta che, fin dai primi
mesi di vita, vanno incontro a fratture
ossee multiple e finiscono per condurre
una vita straordinariamente difficile.
RICERCA PER L’ALLESTIMENTO DI VACCINI
ANTI-HPV PER I TUMORI DEL COLLO
DELL’UTERO
Il tumore invasivo della cervice uterina
deriva quasi sempre da forme
preneoplastiche trascurate. L’esecuzione
di un semplice accertamento quale il
pap-test, consentirebbe di diagnosticare
con sufficiente anticipo una patologia
che interessa ogni anno in Italia,
alcune centinaia di migliaia di donne.
Le ricerche fino ad ora svolte, hanno
consentito di evidenziare come, nel 93%
dei casi, esiste un’associazione tra la
neoplasia e un’infezione virale prodotta
da un virus denominato HPV di cui sono
note alcune varianti.
Si è inoltre accertato che le cellule
cancerose della cervice uterina portano
in superficie alcune proteine virali che
potrebbero divenire bersaglio per una
immunoterapia e potrebbero essere
riprodotte in vitro su larga scala.
Le competenze specifiche dei ricercatori
della Clinica Ostetrico-Ginecologica e
la disponibilità delle idonee
attrezzature inducono a perseguire la
ricerca per l’allestimento di vaccini
specifici per le singole pazienti e di
vaccini anti HPV da inoculare in
soggetti sani al fine di prevenire
l’infezione virale e quindi l’insorgenza
della neoplasia, con inutile positiva
ricaduta clinica per una patologia che,
nel mondo, occupa il primo posto tra
tutti i tumori.
RICERCA PER L’IMMUNOTERAPIA SPECIFICA
DEI TUMORI EPITELIALI DELL’OVAIO
Il tumore maligno epiteliale dell’ovaio
presenta il più alto indice di mortalità
tra i tumori ginecologici. Ogni anno in
Italia vi sono più di 4000 nuovi casi,
con 2700 decessi.
Scopo della ricerca è di sviluppare un
nuovo trattamento immunologico da
associare alle terapie convenzionali,
basato sulla immunizzazione attiva con
cellule dendritiche autologiche
presentanti gli antigeni tumorali e/o
sull’imunizzazione passiva con linfociti
T autologhi, generati in vitro.
Gli antigeni neoplastici vengono
ottenuti direttamente dal tumore della
paziente. Tali ricerche potrebbero
portare non solo a prolungare nel tempo
la risposta alla terapia ma, ci si
augura, alla guarigione definitiva di un
numero maggiore di pazienti.
BORSE DI STUDIO ANNO 2005
Con il supporto della Fondazione C.
Golgi nel 2005 sono state istituite due
borse di studio per progetti di ricerca
applicata in ambito pediatrico, con lo
scopo di dimostrare come le più recenti
acquisizione della ricerca di base
possano essere applicate alla clinica al
fine di migliorare l’assistenza
pediatrica. Queste borse di studio sono
state attribuite a laureati in medicina
e chirurgia che hanno frequentato la
Clinica Pediatrica con lo scopo di:
- Validare l’efficacia dei protocolli
diagnostici e terapeutici nazionali per
migliorare l’assistenza ai pazienti con
immunodeficienze primitive.
- Validare l’efficacia clinica di
farmaci biologici nelle malattie
infiammatorie da ipereattività del
sistema immune .
Per quanto riguarda il primo progetto è
stato possibile, mediante l’elaborazione
dei dati registrati nella banca dati
della rete IPINET (Italian Primary
Immunodeficiencies Network), dimostrare
come l’applicazione di protocolli
diagnostici e terapeutici condivisi sul
territorio nazionale, abbia contribuito
a uniformare l’assistenza a questi
pazienti sul territorio nazionale,
in modo da garantire loro il trattamento più efficace ed
aggiornato indipendentemente dal luogo
di residenza. Una maggiore informazione
sull’esistenza di queste malattie e un
trattamento tempestivo ed omogeneo hanno
consentito di migliorare la qualità di
vita di questi pazienti.
I risultati di questo progetto sono stati argomento di
pubblicazioni e di presentazione a
congressi.
Per quanto riguarda il secondo progetto è stato possibile
iniziare studi multicentrici sull’uso di
farmaci biologici nelle malattie
autoinfiammatorie pediatriche in
collaborazione con l’Istituto Gaslini
di Genova, l’Istituto Burlo Garofolo di
Trieste, la Clinica Pediatrica di
Padova, il Centro per l’amiloidosi di
Pavia. I risultati preliminari di questo
progetto sono incoraggianti: l’impiego
di questi farmaci hanno consentito
un’ottimo controllo della malattia,
senza rilevanti effetti collaterali,
laddove i farmaci tradizionali si erano
dimostrati inefficaci o gravati da
importanti effetti collaterali. Lo
studio sta continuando per verificare
l’efficacia e la sicurezza a lungo
termine di questi farmaci.
I risultati di questo progetto sono stati argomento di
pubblicazioni e di presentazione a
congressi.
2006 – CELEBRAZIONE PER IL CENTENARIO
DELLA ASSEGNAZIONE DEL PREMIO NOBEL A
CAMILLO GOLGI
L’anno 2006 è stato per la fondazione
Camillo Golgi un anno ricco di
iniziative legate alla celebrazione del
premio nobel italiano per la Medicina
Camillo Golgi 1906/2006.
Tra le numerose iniziative ricordiamo :
IL 30 gennaio 2006 in collaborazione con
l’Università degli Studi di Brescia e di
Pavia il convegno “La Ricerca biomedica
in Italia” con la partecipazione del
Prof. Enrico Garaci, Presidente
dell’Istituto Superiore di Sanità e con
la lettura magistrale della
Professoressa Rita Levi Montalcini
premio Nobel.
Il 15 maggio 2006 il seminario “La
Malaria” tenutosi a Brescia e presieduto
dal Professor Carosi.
Il 20 giugno del 2006 il convegno
“Camillo Golgi – L’Uomo e la sua Valle”
tenutosi a Corteno Golgi suo paese
natale.
Inoltre è stata istituita una mostra
itinerante intitolata “Gli alberi del
Golgi” con la partecipazione di numerosi
artisti.
Le celebrazioni per Camillo Golgi si
sono chiuse nell’anno 2007, anno che
vede 20 anni di attività della
fondazione, con la consegna da parte
delll’Università degli Studi di Brescia
della laurea Honoris Causa a Paul
Greengard Nobel per le Neuroscienze;
essendone promotrice anche la Fondazione
Camillo Golgi ciò Le ha permesso di
rinsaldare i rapporti già esistenti con
il mondo scientifico internazionale.
03 DICEMBRE 2007 - IDENTIFICATO
DIFETTO GENETICO CHE ESPONE L'ESSERE
UMANO AD INFEZIONI BATTERICHE E VIRALI
Vedi Articolo
Vedi Allegato
2008 - STUDIO DI POSSIBILI GENI
CANDIDATI PER LO SVILUPPO DI TUMORI
NELLA IMMUNODEFICIENZA COMUNE VARIABILE
- Alessandro Prof. Plebani
I meccanismi attraverso i quali si
sviluppano i processi tumorali, in modo
particolare quelli inerenti alla linea
dei linfociti B (es. linfomi) sono tutt’ora
argomento di intenso studio e ricerca. I
recenti progressi nella conoscenza dei
meccanismi della differenziazione dei
linfociti B e dei vari geni implicati in
questo processo apre nuove prospettive
di indagine sperimentale. Diversi dati
della letteratura suggeriscono che
mutazioni di alcuni di questi geni
portano ad un blocco nel processo
differenziativo, con la possibilità che
il clone bloccato abbia una maggiore
probabilità di svilupparsi verso la
forma tumorale. TACI, BAFF-R, APRIL,
BCMA, BLIMP-1 sono stati identificati
come geni che giocano un ruolo
significativo nei processi della
differenziazione terminale e nel
controllo della proliferazione dei
linfociti B. Alterazioni di questi geni,
nei modelli murini, danno luogo ad un
difetto nella normale differenziazione
dei linfociti B con la formazione di un
fenotipo di linfociti B immaturo che
favorisce lo sviluppo di malattie
autoimmuni, le quali a loro volta
costituiscono un fattore di rischio per
lo sviluppo di tumori. Alterazioni di
questi geni, sempre nel modello murino,
danno origine ad un difetto immunologico
equivalente nell’uomo alla
immunodeficienza comune variabile.
Questa immunodeficienza pertanto
rappresenta un buon modello per lo
studio del ruolo dei geni
sopramenzionati per lo sviluppo di
tumori dal momento che l’incidenza di
linfomi in questa forma di
immunodeficienza è 20 volte più elevata
che nella popolazione normale.
La Clinica Pediatrica di Brescia è il
centro di riferimento Nazionale delle
Immunodeficienze primitive e il
proponente questo progetto di ricerca è
il Coordinatore Nazionale della rete
IPINET (Italian Primary
Immunodeficiencies Network), una rete
che funziona anche da registro delle
immunodeficienze primitive in Italia;
questo ci consente di avere accesso ad
un numero elevato di pazienti con questa
forma di immunodeficienza. Di questi
pazienti sono disponibili in banca dati,
i dati clinici con l’indicazione dei
pazienti che hanno sviluppato tumore.
Ci proponiamo pertanto, all’interno di
questa casistica, di selezionare un
gruppo di pazienti che ha sviluppato
linfomi e uno di controllo che non ha
sviluppato questo tipo di tumore e di
eseguire le indagini genetico molecolari
sopra descritte. L’identificazione
di mutazioni nei geni sopramenzionati in
pazienti che hanno sviluppato linfomi
rispetto a quelli che non li hanno
sviluppati, rappresenterebbe un
avanzamento significativo per
l’identificazione dei fattori di rischio
di sviluppo tumorale e per lo sviluppo
di strategie terapeutiche più mirate.
Inoltre ci consentirà di meglio chiarire
i meccanismi attraverso i quali i geni
mutati sono causa sia di sviluppo di una
condizione di immunodeficienza che di
tumori della linea linfoide.
2008 - STUDIO
DELL'EFFICACIA DI ALCUNI FARMACI
NELL'INDURRE LA TRASCRIZIONE DELLA
PROTEINA ATM A DISPETTO DELLA PRESENZA
DI MUTAZIONI DEL GENE CODIFICANTE -
Prof. Alessandro Plebani
L’AT è una malattia caratterizzata da un
difetto nei meccanismi di riparo del DNA
e pertanto come tale può essere
considerata una malattia multisistemica
che interessa vari organi e quindi anche
il sistema immunitario. I dati clinici
caratterizzanti questa malattia sono la
presenza di atassia con movimenti
incoordinati, ritardo psicomotorio,
disturbi del linguaggio, aumentata
suscettibilità a sviluppare infezioni e
presenza di teleangiectasie. La prognosi
di questa malattia è molto grave: i
pazienti entro la seconda decade di vita
diventato non più autosufficienti per
incapacità a deambulare e sono ad
elevato rischio di sviluppare tumori. La
presenza di un difetto immunologico che
predispone i pazienti affetti ad una
aumentata suscettibilità ad infezioni
gravi, fa includere questa malattia nel
capitolo delle immunodeficienze
primitive.
Questa malattia è dovuta a mutazioni del
gene ATM che svolge un ruolo cruciale
nei meccanismi di riparo del DNA. Alcuni
studi preliminari del Prof. Gatti di Los
Angeles, condotti in modelli murini
hanno dimostrato che alcune sostanze
sono in grado di bypassare alcuni tipi
di mutazioni consentendo un read-trough
dell’RNA messaggero che porta ad una
sintesi parziale della proteina
funzionalmente attiva. Queste
osservazioni hanno aperto la possibilità
di nuovi approcci terapeutici di questa
grave forma di malattia. Dal modello
murino si è passati allo studio
dell’effetto di queste sostanza sulle
linee cellulari umane derivate da questi
pazienti con risultati incoraggianti. E’
stato osservato che l’effetto positivo
di queste sostanze sulla trascrizione
della proteina è strettamente legato al
tipo di mutazioni. I dati finora
disponibili riguardano un numero
limitati di pazienti. La possibilità di
potere condurre questo tipo di studio su
un numero maggiore di pazienti, potrebbe
dare maggior credito ai risultati
positivi finora riportati ed aprire
delle prospettive terapeutiche nuove per
una malattia per la quale attualmente è
possibile fare molto poco.
E’ stato recentemente creato una rete
delle immunodeficienze primitive (IPINET,
Italian Primary Immunodeficiencies
Network) del quale il proponente questo
progetto di ricerca è il Coordinatore .
Questa rete funziona anche da registro
delle immunodeficienze primitive in
Italia e quindi dell’ataxia
telangiectasia. In questo registro sono
riportati un numero rilevante di
pazienti (circa 125) affetti da AT. La
disponibilità di questo registro ci
consente di identificare quei pazienti
che presentano il tipo di mutazioni che
rispondono al trattamento con le
sostanze finora sperimentate, e quindi
di riconfermare i risultati preliminari
su un numero maggiore di pazienti. Le
tecnologie per la conduzione di questi
studi sono già disponibili presso la
Clinica Pediatrica. E’ indispensabile al
riguardo identificare, selezionare e
raccogliere i dati clinici dei pazienti
che rappresentano la base per la
conduzione di questo studio ed è per
questo che si chiede l’istituzione di un
assegno di ricerca.
27 LUGLIO 2009 - INFEZIONI:
NUOVE CONOSCENZE SU CHI LE PROVOCA
Vedi Articolo
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02 NOVEMBRE 2009 - CANDIDA
ALBICANS: IDENTIFICATO DIFETTO GENETICO
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