Attività

Attività

Studio di possibili geni candidati per lo sviluppo di tumori nella immunodeficienza comune variabile – Alessandro prof. Plebani

I meccanismi attraverso i quali si sviluppano i processi tumorali, in modo particolare quelli inerenti alla linea dei linfociti B (es. linfomi) sono tutt’ora argomento di intenso studio e ricerca. I recenti progressi nella conoscenza dei meccanismi della differenziazione dei linfociti B e dei vari geni implicati in questo processo apre nuove prospettive di indagine sperimentale. Diversi dati della letteratura suggeriscono che mutazioni di alcuni di questi geni portano ad un blocco nel processo differenziativo, con la possibilità che il clone bloccato abbia una maggiore probabilità di svilupparsi verso la forma tumorale. TACI, BAFF-R, APRIL, BCMA, BLIMP-1 sono stati identificati come geni che giocano un ruolo significativo nei processi della differenziazione terminale e nel controllo della proliferazione dei linfociti B. Alterazioni di questi geni, nei modelli murini, danno luogo ad un difetto nella normale differenziazione dei linfociti B con la formazione di un fenotipo di linfociti B immaturo che favorisce lo sviluppo di malattie autoimmuni, le quali a loro volta costituiscono un fattore di rischio per lo sviluppo di tumori. Alterazioni di questi geni, sempre nel modello murino, danno origine ad un difetto immunologico equivalente nell’uomo alla immunodeficienza comune variabile. Questa immunodeficienza pertanto rappresenta un buon modello per lo studio del ruolo dei geni sopramenzionati per lo sviluppo di tumori dal momento che l’incidenza di linfomi in questa forma di immunodeficienza è 20 volte più elevata che nella popolazione normale.

La Clinica Pediatrica di Brescia è il centro di riferimento Nazionale delle Immunodeficienze primitive e il proponente questo progetto di ricerca è il Coordinatore Nazionale della rete IPINET (Italian Primary Immunodeficiencies Network), una rete che funziona anche da registro delle immunodeficienze primitive in Italia; questo ci consente di avere accesso ad un numero elevato di pazienti con questa forma di immunodeficienza. Di questi pazienti sono disponibili in banca dati, i dati clinici con l’indicazione dei pazienti che hanno sviluppato tumore. Ci proponiamo pertanto, all’interno di questa casistica, di selezionare un gruppo di pazienti che ha sviluppato linfomi e uno di controllo che non ha sviluppato questo tipo di tumore e di eseguire le indagini genetico molecolari sopra descritte. L’identificazione di mutazioni nei geni sopramenzionati in pazienti che hanno sviluppato linfomi rispetto a quelli che non li hanno sviluppati, rappresenterebbe un avanzamento significativo per l’identificazione dei fattori di rischio di sviluppo tumorale e per lo sviluppo di strategie terapeutiche più mirate. Inoltre ci consentirà di meglio chiarire i meccanismi attraverso i quali i geni mutati sono causa sia di sviluppo di una condizione di immunodeficienza che di tumori della linea linfoide.

Attività

Celebrazione per il centenario della assegnazione del premio Nobel a Camillo Golgi

L’anno 2006 è stato per la fondazione Camillo Golgi un anno ricco di iniziative legate alla celebrazione del premio nobel italiano per la Medicina Camillo Golgi 1906/2006.

Tra le numerose iniziative ricordiamo :

IL 30 gennaio 2006 in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia e di Pavia il convegno “La Ricerca biomedica in Italia” con la partecipazione del Prof. Enrico Garaci, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e con la lettura magistrale della Professoressa Rita Levi Montalcini premio Nobel.

Il 15 maggio 2006 il seminario “La Malaria” tenutosi a Brescia e presieduto dal Professor Carosi.

Il 20 giugno del 2006 il convegno “Camillo Golgi – L’Uomo e la sua Valle” tenutosi a Corteno Golgi suo paese natale.

Inoltre è stata istituita una mostra itinerante intitolata “Gli alberi del Golgi” con la partecipazione di numerosi artisti.

Le celebrazioni per Camillo Golgi si sono chiuse nell’anno 2007, anno che vede 20 anni di attività della fondazione, con la consegna da parte delll’Università degli Studi di Brescia della laurea Honoris Causa a Paul Greengard Nobel per le Neuroscienze; essendone promotrice anche la Fondazione Camillo Golgi ciò Le ha permesso di rinsaldare i rapporti già esistenti con il mondo scientifico internazionale.

Attività

Borse di studio anno 2005

Con il supporto della Fondazione C. Golgi nel 2005 sono state istituite due borse di studio per progetti di ricerca applicata in ambito pediatrico, con lo scopo di dimostrare come le più recenti acquisizione della ricerca di base possano essere applicate alla clinica al fine di migliorare l’assistenza pediatrica. Queste borse di studio sono state attribuite a laureati in medicina e chirurgia che hanno frequentato la Clinica Pediatrica con lo scopo di:

– Validare l’efficacia dei protocolli diagnostici e terapeutici nazionali per migliorare l’assistenza ai pazienti con immunodeficienze primitive.

– Validare l’efficacia clinica di farmaci biologici nelle malattie infiammatorie da ipereattività del sistema immune .

Per quanto riguarda il primo progetto è stato possibile, mediante l’elaborazione dei dati registrati nella banca dati della rete IPINET (Italian Primary Immunodeficiencies Network), dimostrare come l’applicazione di protocolli diagnostici e terapeutici condivisi sul territorio nazionale, abbia contribuito a uniformare l’assistenza a questi pazienti sul territorio nazionale, in modo da garantire loro il trattamento più efficace ed aggiornato indipendentemente dal luogo di residenza. Una maggiore informazione sull’esistenza di queste malattie e un trattamento tempestivo ed omogeneo hanno consentito di migliorare la qualità di vita di questi pazienti.

I risultati di questo progetto sono stati argomento di pubblicazioni e di presentazione a congressi.

 

Per quanto riguarda il secondo progetto è stato possibile iniziare studi multicentrici sull’uso di farmaci biologici nelle malattie autoinfiammatorie pediatriche in collaborazione con l’Istituto Gaslini di Genova, l’Istituto Burlo Garofolo di Trieste, la Clinica Pediatrica di Padova, il Centro per l’amiloidosi di Pavia. I risultati preliminari di questo progetto sono incoraggianti: l’impiego di questi farmaci hanno consentito un’ottimo controllo della malattia, senza rilevanti effetti collaterali, laddove i farmaci tradizionali si erano dimostrati inefficaci o gravati da importanti effetti collaterali. Lo studio sta continuando per verificare l’efficacia e la sicurezza a lungo termine di questi farmaci.

I risultati di questo progetto sono stati argomento di pubblicazioni e di presentazione a congressi.

Attività

Ricerca per l’immunoterapia specifica dei tumori epiteliali dell’ovaio

Il tumore maligno epiteliale dell’ovaio presenta il più alto indice di mortalità tra i tumori ginecologici. Ogni anno in Italia vi sono più di 4000 nuovi casi, con 2700 decessi.
Scopo della ricerca è di sviluppare un nuovo trattamento immunologico da associare alle terapie convenzionali, basato sulla immunizzazione attiva con cellule dendritiche autologiche presentanti gli antigeni tumorali e/o sull’imunizzazione passiva con linfociti T autologhi, generati in vitro.
Gli antigeni neoplastici vengono ottenuti direttamente dal tumore della paziente. Tali ricerche potrebbero portare non solo a prolungare nel tempo la risposta alla terapia ma, ci si augura, alla guarigione definitiva di un numero maggiore di pazienti.

Attività

Ricerca per l’allestimento di vaccini ANTI-HPV per i tumori del collo dell’utero

Il tumore invasivo della cervice uterina deriva quasi sempre da forme preneoplastiche trascurate. L’esecuzione di un semplice accertamento quale il pap-test, consentirebbe di diagnosticare con sufficiente anticipo una patologia che interessa ogni anno in Italia, alcune centinaia di migliaia di donne.
Le ricerche fino ad ora svolte, hanno consentito di evidenziare come, nel 93% dei casi, esiste un’associazione tra la neoplasia e un’infezione virale prodotta da un virus denominato HPV di cui sono note alcune varianti.
Si è inoltre accertato che le cellule cancerose della cervice uterina portano in superficie alcune proteine virali che potrebbero divenire bersaglio per una immunoterapia e potrebbero essere riprodotte in vitro su larga scala.
Le competenze specifiche dei ricercatori della Clinica Ostetrico-Ginecologica e la disponibilità delle idonee attrezzature inducono a perseguire la ricerca per l’allestimento di vaccini specifici per le singole pazienti e di vaccini anti HPV da inoculare in soggetti sani al fine di prevenire l’infezione virale e quindi l’insorgenza della neoplasia, con inutile positiva ricaduta clinica per una patologia che, nel mondo, occupa il primo posto tra tutti i tumori.

Attività

Trapianto in utero per la cura di malattie genetiche

Nel 1996, per la prima volta al mondo, sono state trapiantate ad un feto malato cellule prelevate dal midollo osseo del padre.
Questo intervento ha consentito la nascita di un bambino sano, completamente guarito da una malattia genetica.
Tale importante primato spetta a Brescia e in particolar modo all’èquipe di ricercatori della Clinica Pediatrica e della Clinica Ostetrica e Ginecologica.
Da allora altri trapianti sono stati eseguiti nel mondo e nella nostra città, utilizzando cellule prelevate dai genitori e i successi sono stati ottenuti applicando questo particolare tipo di terapia a feti con deficit dell’immunità.
I risultati conseguiti hanno spinto le èquipe operanti presso il nostro Ospedale, a sviluppare ulteriormente la tecnologia del trapianto in utero per estenderle ad altre malattie genetiche, ematologiche e metaboliche. Per far ciò si è pensato di utilizzare cellule “staminali” compatibili, dotate di alta capacità di attecchimento, che si rinvengono in gran numero, al momento della nascita, nel cordone ombelicale.
Recentemente si è costituita a livello internazionale, una banca di cellule “staminali” e ciò consente e facilita il reperimento di cellule compatibili.
L’obiettivo è quello di poter effettuare trapianti precoci in feti di età compresa tra le 11 e le 15 settimane di vita nel tentativo di curare malattie ematologiche e metaboliche, in particolare la Sindrome di Wiskott – Aldrich, l’Osteogenesi Imperfecta e la Thalassemia, detta anche anemia mediterranea, malattia molto diffusa nel nostro Paese.
Per comprendere quanto importante possa essere il successo di questa ricerca, è opportuno ricordare che con la diagnosi prenatale si identificano ogni anno in Italia alcune centinaia di feti talassemici; di regola si assiste all’interruzione della gravidanza per evitare la nascita di bambini, che, esposti alle gravi conseguenze delle continue trasfusioni necessarie, non sopravvivono oltre il 3°-4° decennio di vita.
Ancor più drammatico è il destino riservato ai bambini colpiti da Ostogenesi Imperfecta che, fin dai primi mesi di vita, vanno incontro a fratture ossee multiple e finiscono per condurre una vita straordinariamente difficile.